Author: Angelo Salimbeni
Committee: Agricultural and enviromental frauds Committee
Date: 28/03/2025
«Siamo una generazione perduta. Siamo i 20, 30, quarantenni che vivono nella Terra dei Fuochi. Siamo morti che camminano. Siamo orfani di madri, padri e nonni che ci hanno costretto a salutare in modo prematuro».
Così si apriva il grido di allarme che nel settembre 2021, un gruppo di giovani cittadini Campani, lanciava all’allora presidente del consiglio Mario Draghi.
Una lettera aperta al governo dal titolo «We can’t breathe – Nun putimme riciatà», la stessa frase che l’afroamericano George Floyd ansimava prima di essere brutalmente soffocato da un ufficiale di polizia di Minneapolis.
Il titolo non è casuale, la storia di George Floyd e quella degli abitanti della terra dei fuochi sono storie dai contorni diversi, ma accomunate da un triste epilogo comune, l’asfissia.
Quello del 2021 era l’ennesimo disperato tentativo di denunciare l’aumento dei roghi tossici e le conseguenti nubi di fumo nero, diventate il triste simbolo di un’intera area a Nord di Napoli e a sud di Caserta.
A distanza di quasi 5 anni da quella lettera arriva la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, una sentenza che risveglia delle speranze umane mai sopite, che riconosce un legame inscindibile tra la tutela dei diritti umani e la tutela dell’ambiente, ed afferma come l’ignavia del malgoverno nella tutela del territorio si traduce inevitabilmente in un rischio per la salute e la vita stessa dei suoi abitanti.
Per la Corte, il rischio per la salute dei cittadini era “sufficientemente grave, reale e accertabile” tanto da non rendere necessario per i ricorrenti provare il nesso causale tra l’esposizione a determinate sostanze e l’insorgenza di patologie mortali
Per di più, hanno chiarito i giudici di Strasburgo, l’inesistenza di una certezza scientifica circa gli effetti specifici dell’inquinamento sullo stato di salute degli abitanti delle zone coinvolte non fa venire meno il dovere dello Stato di tutelare la vita e l’integrità fisica dei suoi cittadini
In particolare, lo Stato italiano avrebbe mancato di adottare: misure atte a individuare specificamente le aree inquinate; misure per diminuire lo stato di inquinamento; modifiche sostanziali all’ordinamento penale per introdurre strumenti efficaci per la lotta alle ecomafie.
L’inadeguatezza dell’intervento legislativo dello stato italiano è dimostrata dal fatto che solo nel 2014 è stata emanata una legge “recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate” che ha introdotto misure per gestire la crisi ambientale della regione Campania.
Eppure, già a metà degli anni novanta le autorità italiane erano sufficientemente consapevoli dello stato di inquinamento di quei territori; senza contare che, anche dopo l’emanazione della predetta legge del 2014, non è stato possibile apprezzare significativi indici di miglioramento anche a cause dell’atavica lentezza delle giustizia Italiana
La sentenza ha dunque criticato la lentezza e l’inefficacia dei procedimenti giudiziari per i reati ambientali: basandosi su procedure burocratiche e sulla lunga durata dei processi penali, il sistema giudiziario ha fatto sì che per molti casi maturasse la prescrizione ancor prima di arrivare ad una sentenza e che le indagini sul traffico di rifiuti e sulle discariche illegali fossero spesso ostacolate dalla mancanza di unità investigative specializzate e di analisi ambientali forensi, indebolendo ulteriormente le capacità di applicare la legge.
In conclusione, si evidenzia che la Corte Europea ha ritenuto di accedere alla procedura della sentenza pilota, in ragione del carattere diffuso dei fenomeni di inquinamento riscontrati, realizzati nel corso di decenni e in maniera sistematica, in un contesto i cui le lacune e i ritardi da parte dello Stato nell’affrontare la questione, sono state tali da denotare un vero e proprio «fallimento sistematico nel rispondere adeguatamente» al problema, ancora attuale dai più recenti documenti acquisiti al giudizio.
Spetterà, quindi, al Governo italiano predisporre misure specifiche per conformarsi alla sentenza, così da prevenire ulteriori danni.