Author: Matteo Ianni
Committee: Academic Committee
Date: 21/07/2024

In una recentissima sentenza del Tribunale dell’Unione Europea, datata 10 luglio 2024, l’organo giudicante dell’Unione si è espresso sul ricorso presentato avverso la decisione della Procura Europea di rigetto della candidatura a procuratore europeo delegato italiano.

La tematica centrale, che ha caratterizzato la materia posta all’attenzione del Tribunale, è proprio quanto previsto dall’articolo 17, paragrafo uno, del Regolamento 2017/1939, e dalla Decisione n.13/2020, adottata dalla Procura Europea nel Novembre 2020, che stabilisce le norme relative alla procedura di nomina dei procuratori europei delegati di cui Alpe al precedentemente menzionato articolo 17 del regolamento.

L’articolo tre della decisione, infatti, istituisce una procedura articolata in varie fasi per l’analisi ed il successivo accoglimento o rigetto della candidatura a procuratore europeo delegato da parte di vari soggetti: un ruolo centrale è svolto dal procuratore europeo capo, insieme al collegio dei procuratori (chiamato in ultima istanza a decidere) ed un gruppo di lavoro, composto da vari procuratori, chiamato ad esporre un parere nei casi più complessi.

La ricorrente, come riassunto nella parte in fatto della sentenza, critica la decisione che ha portato al rigetto della sua candidatura sotto tre punti di vista: una prima censura è relativa all’obbligo di motivazione e ad un possibile sviamento di potere da parte della Procura Europea, una seconda sulla violazione del principio di parità di trattamento e violazione delle forme sostanziali degli atti che hanno portato al proprio rigetto della propria candidatura, ed infine, il terzo, sulla violazione della Decisione 13/2020 da parte della Procura Europea.

Anzitutto il Tribunale constata che la Decisione 13/2020 sopra menzionata è vincolante per la stessa Procura Europea, a seguito dell’analisi del testo della stessa e degli obiettivi che ne hanno caratterizzato il processo di adozione. Alla luce di questa considerazione, la ricorrente eccepisce che la procura ha violato le proprie norme saltando una delle fasi previste dalla Decisione, ossia una richiesta ulteriore di documentazione all’autorità italiana che dovrebbe precedere la fase di costituzione del gruppo di lavoro chiamato ad esprimersi sulla candidatura a procuratore europeo delegato. La sentenza statuisce che, pur essendo la Procura Europea vincolata allo svolgimento di tutte le fasi, essa non era tenuta nel caso specifico a richiedere ulteriore documentazione in quanto il testo della Decisione condizionava tale richiesta ad un’insufficienza della documentazione già ricevuta, condizione che nel caso di specie non si era verificata.

La seconda critica, a parare di chi scrive ancor più interessante, mossa dalla ricorrente è relativa alla composizione del gruppo di lavoro, secondo la ricorrente composto da procuratori provenienti da Stati membri più piccoli e con sistemi giuridici non paragonabili a quelli dell’Italia, e quindi non capaci di avere una percezione reale della quantità e della qualità dei reati e dell’esperienza del magistrato italiano. Il Tribunale rigetta interamente tale censura, ricordando che i procuratori europei agiscono indipendentemente dalla propria provenienza nazionale, in quanto sono nominati per esercitare le loro funzioni indipendentemente dall’origine e dalla natura delle problematiche che possono affrontare. Perciò, non solo possono, ma addirittura devono, essere in grado di comprendere i fenomeni che caratterizzano tutte le diverse realtà statuali coinvolte dalla Procura Europea.

Per tutte le ragioni fin qui elencate il Tribunale ha ritenuto di respingere il terzo motivo in quanto infondato.

Il Tribunale ha poi proceduto all’analisi del primo motivo, vertente sull’obbligo di motivazione degli atti da parte della Procura Europea. Tale censura permette al Tribunale di esprimersi ancora una volta sul contenuto di tale obbligo di motivazione, confermando la propria giurisprudenza consolidata sul fatto che tale obbligo non abbia un contenuto universalmente applicabile, ma vada declinato di caso in caso. Difatti il Tribunale ricorda che l’obbligo di motivazione non impone di specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti in ogni singola decisione o in ogni singolo atto, ma che tale requisito deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie.

Proprio alla luce di tale ragionamento il Tribunale ha ritenuto di annullare la decisione della Procura Europea, condannando la stessa alle spese, in quanto essa non aveva fornito alla ricorrente, nelle forme richieste dal caso di specie, la motivazione della propria decisione rimandando inizialmente al parere del gruppo di lavoro, al quale la ricorrente non ha avuto accesso se non nelle more dell’iter di fronte al Tribunale. Una volta convenuta di fronte al consesso giudicante dell’Unione, la Procura Europea si è difesa argomentando che la ricorrente, da una lettera ad essa pervenuta a seguito del primo colloquio con la Procura ed a seguito di un ulteriore colloquio motivazionale, poteva di per sé avere già contezza delle motivazioni che hanno condotto al rigetto della sua candidatura. Il Tribunale non ha avvalorato tale argomentazione, inizialmente perché la ricorrente non aveva avuto disponibilità (e quindi conoscenza) del parere del gruppo di lavoro, e perché per il Tribunale, nel caso di specie, l’obbligo di motivazione richiedeva di inserire l’iter logico che aveva condotto al rigetto della candidatura della ricorrente nella decisione che alla stessa comunicava il rigetto della propria candidatura, non potendo fare meno affidamento né sul colloquio avuto con la stessa né sulla lettera ad essa consegnata, ritenendo tali atti e documenti non sufficienti a motivare la scelta della Procura Europea.

Infine, il Tribunale, come si è già detto, ha condannato la Procura Europea alle spese ed ha annullato la decisione di rigetto, per una violazione dell’obbligo di motivazione, senza esprimersi nel merito sulla candidatura della stessa ricorrente. Tale sentenza è interessante perché, da un lato ha permesso al Tribunale di scrutinare le regole che conducono alla nomina dei procuratori europei delegati, permettendo anche un’analisi nel caso concreto dell’obbligo di motivazione degli atti della Procura Europea, e dall’altro lato ha ricordato l’indipendenza dei procuratori europei, chiamati all’esercizio delle proprie funzioni a prescindere dal paese di provenienza.

Date le numerose critiche dal punto di vista del rispetto dello stato di diritto che spesso vengono poste alla Procura Europea da parte di noti penalisti, tale sentenza dovrebbe rassicurare la dottrina sul ruolo non meramente formale ma pragmatico e fattuale della Corte di giustizia dell’Unione Europea nelle decisioni che contraddistinguono l’operatività stessa (o nel caso specifico le condizioni che ne caratterizzano l’operatività) della Procura Europea.

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